martedì 15 novembre 2011

Qualcuno chiami un antennista

Chi di voi è nato prima della metà degli anni ottanta avrà sicuramente un ricordo abbastanza nitido del televisore nel quale ha visto scorrere i cartoni animati che hanno segnato la sua infanzia. Quei cassoni in legno o finta radica, pieni di pulsanti e manopole gigantesche e pesanti come macigni, avevano un fascino tutto particolare, paragonabile a quello di un caminetto del quale sostituivano la funzione sociale, e talvolta anche quella pratica, vista la facilità con cui la componentistica interna si scaldava e prendeva fuoco.
Vi ricorderete senz'altro anche le difficoltà nel sintonizzare i canali, la mancata ricezione di alcuni, la pessima qualità dell'immagine di altri, ed una generale nebbiolina alla quale si faceva l'occhio ma che in epoca di canali digitali e satellitari ci pare inammissibile. Eppure passavamo ore davanti a quella dannata trappola, cercando di costruire i nostri sogni su quelle immagini e quei suoni, sui campi da calcio infiniti di Holly e Benji e sulle divise colorate di Giochi Senza Frontiere, su pupazzi che presentavano programmi per bambini ed altri pupazzi che presentavano quelli per adulti (chi ha detto "cin cin"?).
Guardandomi allo specchio ieri mi sono sentito un po' come una tv dei primi anni ottanta. Un sacco di bei programmi, una struttura esterna solida, ma con i componenti che si surriscaldano troppo facilmente ed una ricezione pessima, specie sui canali che in questo momento sono più importanti.
Perciò ho bisogno con urgenza di un'antennista che rimetta tutto in sesto e dia anche una rinnovata alla scheda elettronica, altrimenti mi perdo l'ultima puntata del mio telefilm preferito, e potrei non perdonarmelo.

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