sabato 25 febbraio 2012

Tragifesta

Vi trovo invadenti con i vostri carri che passano lenti sulla strada sotto casa mia. Ridete, fate baccano, ma io vi vedo come un corteo funebre. Se solo potessi farei tacere la vostra musica rumorosa con un solo schiocco delle dita, chiudendovi sotto un'enorme campana di vetro dentro la quale potreste fare tutto il casino che volete senza entrare nelle mie orecchie. I vostri coriandoli? Solo lacrime che cercate di lanciare lontano, ma che soffiate dal vento fanno poca distanza e si posano addosso a voi, e invadono la strada trasformandola in un fiume di pianto. C'è qualcosa dentro me che grida forte, che vorrebbe uscire dalla finestra e ringhiare contro tutto e tutti, contro questa festa che arriva quando non c'è niente da festeggiare.
Non è rabbia, non è disperazione.  E' voglia di dire a tutti che niente oggi ha senso, non la parata, non la bella giornata di sole, non i costumi né le risate, e neanche il sabato tutto. Tutta la giornata, e tutto ciò che contiene, non hanno veramente senso. Neanche queste righe tutto sommato ce l'hanno. E allora perchè?
Forse in un altro tempo, in un altro luogo, con altre persone, avrei apprezzato lo scorrere dei colori e le grida di felicità che arrivano da quattro piani più sotto, forse se dentro di me ci fosse un po' di tranquillità potrei provare simpatia nel vedere altri che si divertono. Ma non è così. Oggi è un giorno di festa, ma sono troppo invischiato nella mia oscurità per partecipare. E probabilmente è proprio questo che mi fa incazzare: quando me ne libererò non sarà più un giorno di festa, ma una normalissima mattina di un giorno qualunque in un qualunque mese. Non ci saranno parate a salutare il mio buonumore, nè carri colorati che sparano la mia musica dai loro altoparlanti, nè bambini che corrono e lanciano stelle filanti.
Sarà festa soltanto dentro di me, e dentro chi mi sarà veramente vicino.
Ma se non altro possiamo accontentarci.

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